In viaggio tra i sorrisi dell’arte

ARTE CONTEMPORANEA E SORRISO?
UN BINOMIO PERFETTO!

 

Se come noi ami l’arte, le gite per mostre ed i musei e ti piace vedere come gli artisti si soffermino su dettagli apparentemente irrilevanti ma che in realtà, se osservati attentamente, forniscono a chi contempla l’opera una moltitudine di emozioni, la lettura di questo articolo su uno degli artisti visionari più amati del nostro tempo fa al caso tuo!

  

JAGO
IL NUOVO MICHELANGELO?

“La mia vita è fatta di fallimenti, per scolpire qualcosa bisogna prima romperla”

 

Questo ha dichiarato Jago, un giovane artista che ha già fatto parlare molto di sé ed è riuscito, in breve tempo, a catturare l’attenzione ed il plauso di collezionisti e critici d’arte di fama internazionale.

Jago, all’anagrafe Jacopo Cardillo, classe 1987, nasce a Frosinone, luogo che sentirà sempre suo (celebre la sua dichiarazione “Mi chiamo Jago, ho 30 anni, sono un artista e sono ciociaro”). Proprio lì prende vita il suo percorso di formazione in ambito artistico.

È proprio la frase emblematica sopraccitata a guidare effettivamente il suo percorso dopo aver lasciato, nel 2010, l’Accademia di Belle Arti per seguire un percorso di ricerca artistica più autonomo e personale, la sua strada.

Affascinato dalla purezza e dalla nobiltà del marmo, si dedica prevalentemente alla scultura senza però trascurare i mezzi di comunicazione contemporanei ed i supporti video che gli consentono di instaurare interessanti ed immediate connessioni con il suo pubblico, al quale mostra il processo produttivo.

 

IL SUO PERCORSO

 

Il suo percorso lo vede già brillare a soli 24 anni, quando fu selezionato da Vittorio Sgarbi a partecipare alla 54a edizione della Biennale di Venezia, nel padiglione Italia – Regione Lazio. Un traguardo di non poco conto.

Proprio in quell’occasione, infatti, espose il busto in marmo di Papa Benedetto XVI, realizzato nel 2009. 

Sebbene con l’opera non vinse il Premio delle Pontificie Accademie in Vaticano a cui venne presentato, a suffragio della sua innegabile maestria artistica, la scultura gli valse la prestigiosa Medaglia Pontificia di riconoscimento al merito.

 

UNA MISSIONE… SPAZIALE!

 

Fu il 2016, però, l’anno della notissima Habemus Hominem, uno dei lavori più celebri e, al contempo, una delle idee più geniali in ambito artistico dell’ultimo periodo. 

Nello stesso anno, Jago “prese” Roma, esponendo la sua prima mostra personale, e da lì in avanti i suoi lavori e la sua arte hanno raggiunto ogni lato del globo, dalla Cina all’America, dove tenne, nel 2018, alcune lezioni alla rinomatissima Academy of Art.

A New York decise di iniziare a realizzare la sua personalissima interpretazione del Figlio velato, che oggi è possibile ammirare nella Chiesa di San Severo Fuori le Mura a Napoli, all’interno della Cappella dei Bianchi.

Ma a fare il giro del mondo o, per essere più precisi, dello spazio fu l’invio nel 2019 della scultura in marmo “The First Baby“, raffigurante il feto di un neonato.

L’opera fu la prima in assoluto ad essere spedita sulla Stazione Spaziale Internazionale e tornò alla base solo nel febbraio 2020, aggiudicandosi un primato che di certo rimarrà impresso nelle pagine di storia.

 

LE OPERE

 

Dalla più recente e sofisticata Aiace e Cassandra, anno 2022, al già citato ed ormai iconico Figlio Velato (2009) per passare, in un vorticoso salto temporale, ad un Donald bambino (2018), seduto sul seggiolone a comporre muri con i Lego, per finire con un goloso cono gelato in marmo Danby, The Taste of Liberty, decorato con una lucida glassa blu, bianca e rossa – e potremmo continuare… -, le opere dell’artista hanno assunto un ruolo sempre di crescente rilievo nel panorama nazionale ed internazionale. 

In tutte le sue sculture, dal respiro contemporaneo, talvolta politiche, sempre di puro talento, è possibile ammirare l’artigianalità della tradizione, un connubio non facile da realizzare.

Jago ha fatto suo e promosso il diktat di molti artisti dei nostri tempi: “Ognuno viva l’arte liberamente, in base alle emozioni che prova”.

Ed è proprio sullo spirito di questo invito che oggi abbiamo deciso di approfondire l’opera di trasformazione più iconica dell’artista, quella che tutti, anche i meno appassionati di arte contemporanea, avranno sentito nominare o visto in qualche veloce frame digitale almeno una volta: “Habemus Hominem.

 

“HABEMUS HOMINEM”

 

La storia di questa scultura affonda le sue radici nel 2009, quando un giovanissimo Jago ispirandosi al ritratto di Papa Pio XI di Adolfo Wildt (che è possibile ammirare ai Musei Vaticani) decide di dare vita al suo personalissimo ritratto dal vero di Papa Benedetto XVI.

Il volto scolpito di Sua Eminenza trasuda l’impegno e la portata suo notevole incarico da ogni dettaglio.

Le emozioni sono tutte lì, raccolte in quel volto anziano.

La compostezza e l’imperturbabilità che hanno sempre contraddistinto la figura di questo pontefice sono splendidamente disegnate nel marmo. Le mani congiunte, la bocca dischiusa e quel sorriso, una curva sghemba indecifrabile, appena accennata, lascia trasparire forse un accenno di fatica, il peso e la comprensione di un ruolo di secolare importanza a livello mondiale che presto, schiacciato dal peso dell’età, deciderà di lasciare.

Dell’abdicazione del Papa avvenuta l’11 febbraio 2013 si vociferava già da un po’ ma questo non fu sufficiente ad eliminare stupore e sgomento dagli occhi di milioni di fedeli sparsi in ogni angolo del pianeta.

A modo suo anche Jago fece sua la notizia, interpretandola con le proprie mani.

Decise di fornire una nuova “pelle” al vicario di Dio che d’un tratto si fece, nuovamente uomo. Fu così che nacque come da michelangiolesca memoria Habemus Hominem, opera definitiva, che fu completata nel 2016.

L’ex-Papa venne letteralmente “spogliato” delle sue preziose vesti, restando nudo di fronte agli occhi implacabili di noi spettatori alla ricerca di quelle “emozioni da vivere liberamente”.

I solchi lungo il suo corpo emaciato lasciano trasparire il tempo inarrestabile; il viso, smagrito e consunto, assume una vivacità prima latente ma sublimemente umana e, in netto contrasto con la sua reale età, quasi – oseremmo dire – fanciullesca.

Ma è il sorriso a dirci di più e lasciar trasparire una libertà liberata. Oltre il ruolo, la persona.

 

Se l’argomento sorriso t’interessa, non perdere il podcast del “Cacciatore di Sorrisi”
dedicato al mondo del sorriso e dell’odontoiatria!

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